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La fede della popolazione abruzzese ha portato alla creazione non soltanto di monasteri e chiese, ma anche di numerosi eremi. Luoghi in cui rifugiarsi dai dolori e dai peccati umani, per trovare conforto nella spiritualità per merito di un rilassante ambiente che permette al credente di essere un tutt’uno con il proprio  mondo interiore. La storiografia più recente ritiene che l’Abruzzo sia stato tra le prime regioni, vista la sua vicinanza con Roma, a ricevere la cristianizzazione. Ma la prima incisiva presenza cristiana sul nostro territorio fu quella degli eremiti. Le montagne di questa regione, a volte così impervie, hanno rappresentato nei secoli un luogo adatto alla vita anacoretica e alla meditazione, tanto che in tutto l’Abruzzo si contano quasi cento eremi. Luoghi segnati dallo spirito e dalla mano dell’uomo, che sanno di storia e di arte, narrano fatiche e raccoglimenti meditativi, che possono costituire una ricchezza per l’economia sviluppata dal turismo religioso. Poche o forse nessuna regione può vantare una “collezione” così bella e preziosa.

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Numerosi sono gli eremi presenti nel territorio abruzzese. Innanzitutto spicca l’eremo di Santo Spirito a Majella, sicuramente il più grande e famoso di tutta la Majella, e anche se ha subito diverse trasformazioni nei secoli, mantiene ancora il fascino dovuto alla stupenda posizione nella valle omonima. Le sue origini risalgono al 1244 e rappresenta il luogo dove dimorò inizialmente Celestino V, sui monti della Majella. Esso fonde perfettamente l’elemento architettonico e la bellezza paesaggistica con un risultato straordinario. Oggi Santo Spirito presenta la chiesa, la sagrestia e un ala abitativa distribuita su due piani. Attraverso un lungo corridoio che poggia su una parete rocciosa si giunge alla foresteria di recente restaurata. Dalla foresteria si sale la Scala Santa fino a giungere all’oratorio della Maddalena e a due grandi balconate rocciose.

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Eremo Santo Spirito a Majella

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Senza allontanarsi dalla valle è possibile visitare il piccolissimo eremo di San Bartolomeo in Legio, arroccato all’interno della parete rocciosa. L’interno della chiesa è rettangolare, con una lunghezza di 7.70m ed una larghezza minima di 3m ed una massima di 4m. L’illuminazione è assicurata da una porta-finestra, mentre una seconda finestra è stata trasformata in una nicchia semicircolare. L’eremo è anteriore all’XI secolo, ma fu restaurato da Pietro dal Morrone, futuro papa Celestino V, intorno al 1250. Qui si stabilì intorno al 1274 per almeno due anni al ritorno del suo viaggio a Lione fatto per ottenere dal papa Gregorio X il riconoscimento della sua Congregazione dei celestini.

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Eremo di San Bartolomeo

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Sopra Serramonacesca incontriamo l’abbazia di San Liberatore dal quale il vicino eremo di Sant’onofrio al Morrone. Quest’ultimo è stato costruito in cima alla valle dell’omonima frazione, ed è custodita da una grossa pietra che la nasconde come se fosse un riparo che spunta dalla natura. Fu costruito dai benedettini dell’abbazia di San Liberatore sfruttando alcune cavità naturali, per poi essere profondamente ampliato nel 1948, particolarmente in altezza.

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Eremo di Sant’Onofrio al Morrone

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L’Eremo di San Domenico è un chiesa nel comune di Villalago. Comprende una grotta scavata nella roccia calcarea, nella quale secondo la tradizione, attorno all’anno 1000 dimorò il monaco benedettino San Domenico. Alla chiesa si accede attraverso un portico abbellito da sei dipinti del 1938 opera del pittore villalaghese Alfredo Gentile, raffiguranti scene tratte dalla vita del Santo e focalizzate sulla narrazione di alcuni miracoli. Nel 2012 sono stati restaurati e resi finalmente di nuovo accessibili e leggibili. L’Eremo di San Domenico è considerato uno degli eremi più belli d’ Abruzzo.

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Eremo di San Domenico

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Lungo la strada che collega Cansano con Pescocostanzo, in un lungo pianoro che si apre verso ovest ai piedi dei monti della Majella, si incontra una tra le più belle faggete d’Abruzzo, ricca di suggestioni e atmosfere evocative: il bosco di Sant’Antonio, oggi Riserva Naturale. Al margine meridionale del bosco, lì dove comincia la piana del Primo Campo che si spinge sino alla base di Pescocostanzo, si distingue una antica costruzione con un piccolo campanile a vela, inserita tra le vecchie masserie. È l’eremo di Sant’Antonio da Padova, una suggestiva cappella rurale tuttora oggetto di forte devozione e meta di numerosi pellegrini. Le sue origini sono sicuramente medioevali, le finestre sono tipiche del ‘300-‘400 e la statua lignea del Santo è databile alla fine del ‘300. L’iconografia del Santo con la barba ci ricorda che la chiesa era precedentemente dedicata a Sant’Antonio Abate. L’eremo esisteva già nel 1536, come attesta una Bolla di quell’anno, e nel 1577 la società dei contadini di Pescocostanzo restaurò il portale, sul cui architrave è incisa l’iscrizione che testimonia l’intervento.

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Bosco di Sant’ Antonio

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